PROTAGONISTA Alla NYC Marathon Gwen Jorgensen ha colto un ottimo 14mo rango assoluto. |
Al suo debutto sulla distanza della maratona, avvenuta domenica
a New York, Gwen Jorgensen non ha certo sfigurato. Il suo quattordicesimo rango
finale, con un tempo conclusivo di 2h41’01’’, parla da sé e assume un ulteriore
valore se si considerano le atlete in gara, tutte di livello mondiale. La
campionessa olimpica di Rio è rimasta con il gruppo delle migliori, anche se
leggermente staccata, per tutto il primo terzo della competizione, perdendo il
contatto solo nella parte finale. La sua tabella di marcia con i tempi di
passaggio è piuttosto eloquente e mostra una flessione soprattutto negli ultimi
15 chilometri.
Cosa che peraltro era prevedibile, visto che l’americana non si è certo potuta preparare al meglio per questa prova, oltretutto non facile se si considera il tracciato ricco di saliscendi. Ma sicuramente l’obiettivo dell’americana e del suo “entourage” non era, in questa occasione, quello di primeggiare. Magari lo potrà essere più avanti nella carriera, se ad esempio Gwen deciderà di dedicarsi alle lunghe distanze e agli Ironman. Piuttosto - e a nostro avviso giustamente -, lo scopo era quello di farsi vedere su un palcoscenico importante come quello della NYC Marathon e di far “fruttificare” la medaglia olimpica. Cosa che è pienamente riuscita: la Jorgensen ha beneficiato di una visibilità mondiale, che le ha portato una notorietà forse superiore a quella della stessa vincitrice della maratona, la keniana Mary Keitany. Molti americani, e non solo, hanno seguito soprattutto la prova di questa atleta - carina, alta e davvero molto “fit” - del triathlon. Una mossa quindi, quella voluta dagli organizzatori che ha fatto piacere agli americani, agli sponsor della Jorgensen e naturalmente alla stessa atleta, ma – e questo è il punto che ci sta a cuore sottolineare - che ha indubbiamente rappresentato una straordinaria promozione del triathlon. E a questo riguardo si potrebbe allora fare un’ulteriore riflessione e domandarsi dove sono finite, invece, le altre due primedonne della triplice disciplina, ovvero Nicola Spirig (medaglia d’argento a Rio) e forse soprattutto Daniela Ryf, recente trionfatrice all’Ironman delle Hawaii.
Sbirciando un po’ sui social media, l’impressione è
che si siano un po’ ritirate, fatte da parte magari per riprendere energie e
riposarsi: una, la Spirig, è in Engadina con la famiglia, l’altra in vacanza.
Chiaro, ognuno è libero di fare ciò che meglio crede, ma francamente non
capiamo il perché di queste scelte per due atlete professioniste: sia per la
Spirig che soprattutto per la Ryf ci si aspetterebbe una strategia simile a
quella della Jorgensen, finalizzata a far rendere al massimo il risultato
ottenuto. Naturalmente sempre a favore della stessa atleta e degli sponsor, ma
anche e soprattutto del triathlon, in questo caso svizzero ed europeo. E invece
niente. Allora ci viene da pensare che forse qualcosa non va per il verso
giusto. Non sappiamo cosa, ma in ogni caso è chiaro che il danno maggiore,
quando i primattori non riescono a raggiungere una notorietà, va alla
disciplina praticata. E questo un po’ ci preoccupa e non ci fa evidentemente molto
felici.
Cosa che peraltro era prevedibile, visto che l’americana non si è certo potuta preparare al meglio per questa prova, oltretutto non facile se si considera il tracciato ricco di saliscendi. Ma sicuramente l’obiettivo dell’americana e del suo “entourage” non era, in questa occasione, quello di primeggiare. Magari lo potrà essere più avanti nella carriera, se ad esempio Gwen deciderà di dedicarsi alle lunghe distanze e agli Ironman. Piuttosto - e a nostro avviso giustamente -, lo scopo era quello di farsi vedere su un palcoscenico importante come quello della NYC Marathon e di far “fruttificare” la medaglia olimpica. Cosa che è pienamente riuscita: la Jorgensen ha beneficiato di una visibilità mondiale, che le ha portato una notorietà forse superiore a quella della stessa vincitrice della maratona, la keniana Mary Keitany. Molti americani, e non solo, hanno seguito soprattutto la prova di questa atleta - carina, alta e davvero molto “fit” - del triathlon. Una mossa quindi, quella voluta dagli organizzatori che ha fatto piacere agli americani, agli sponsor della Jorgensen e naturalmente alla stessa atleta, ma – e questo è il punto che ci sta a cuore sottolineare - che ha indubbiamente rappresentato una straordinaria promozione del triathlon. E a questo riguardo si potrebbe allora fare un’ulteriore riflessione e domandarsi dove sono finite, invece, le altre due primedonne della triplice disciplina, ovvero Nicola Spirig (medaglia d’argento a Rio) e forse soprattutto Daniela Ryf, recente trionfatrice all’Ironman delle Hawaii.
I tempi di passaggio di Gwen (fai click sull'immagine) |