GENERAZIONI DI IRONMAN Brunello e Filippo Pagavino. |
La mia wishlist sportiva ha subìto
aggiustamenti e variazioni man mano che, nel corso degli anni, gli allenamenti
hanno dato i loro frutti. La maratona sotto le 3 ore o la mezza entro l'ora e
15' sono state raggiunte, la 100Km anche, persino la vittoria di una delle
leggendarie ultramaratone a tappe organizzate dai francesi di SDPO. Il tutto
spaziando tra corse campestri, skyraces, staffette, ultratrails. Dalle parti
del vertice di questa “lista dei desideri” è ben presto apparsa una gara
mitica, che mi ha fatto sognare fin dall'inizio: l'Ironman.
3,8 km di nuoto, 180 in bicicletta e poi, per non farsi mancare niente, una
maratona. Una nuova sfida a dir poco entusiasmante, e per me anche abbastanza mission
impossible, dato che avevo abbandonato il nuoto circa 15 anni prima e che
non avevo mai avuto una bici da corsa. Le mie esperienze sulle due ruote si
limitavano a due lunghi viaggi sulle splendide piste ciclabili in Austria e
Germania e al camino de Santiago in mountain-bike. Meglio di niente, ma 180 km
“a manetta” su una bici da strada sono un'altra cosa!
Che si tratti di corsa, triathlon o qualsiasi altra disciplina, non riesco ad
allenarmi “a vuoto”, trovo molto irritante non avere una gara non troppo
lontana per la quale prepararmi. Così, con l'obiettivo Ironman ben in mente, ho
iniziato dall'ABC del triathlon, ovvero la distanza “sprint”. 750 metri a nuoto
fattibili perfino da me, 20km in bici nei quali non si fa quasi in tempo a
sentire la stanchezza, e 5km di corsa a piedi, ovvero... il mio pane
quotidiano!
Ho così partecipato a tre gare di questo tipo, in un crescendo di prestazioni e
dando sempre meno spettacolo in Zona Cambio. Entro l'autunno ero pronto
per lo step successivo: la distanza olimpica.
Sopravvissuto dignitosamente anche a questa, mi sono iscritto senza indugio
all'Anticamera del Sogno, ovvero l'Ironman 70.3. Purtroppo il mio entusiasmo mi
aveva fatto trascurare un dettaglio: la regione in cui abito al momento vive
attanagliata da freddo, pioggia e vento circa sei mesi all'anno, e questo ha
influito molto sulle mie uscite in bici. Tutte e due.
Scherzi a parte, non mi sono preparato nemmeno lontanamente come avrei voluto,
ma grazie alla location (la tropicale Puerto Rico) e alla compagnia (la caraibica
Johanette), tutto è andato per il meglio e anzi mi sono divertito, concludendo
i 1,9km a nuoto + 90km in bici+ 21km a piedi in un crono decisamente migliore
di quanto mi aspettassi, soprattutto considerando le temperature da altoforno
in cui si è svolta la gara.
Sprint, Olimpico, 70.3... uno solo mancava
all'appello! I tempi erano dunque maturi per iscrivermi ad una gara del
circuito Ironman e, a poco più di un anno dall'acquisto della bici e del
costume da nuoto, chiudere il cerchio della Triplice. Inoltre, gli allenamenti
di bici e (soprattutto) di nuoto mi risultavano sempre più insopportabili!!!
Quindi, dove concludere in gloria? Ovviamente il mouse si posizionava d'istinto
sui siti web dei posti più esotici, ma poi papà “Irondad” Brunello mi ha proposto
di andare a Nizza, per il suo 3° Ironman, e ho accettato.
In realtà in Europa avrei preferito Regensburg
o Zurigo, ma il primo non è stato organizzato per quest'anno, mentre il secondo
l'ha già disputato l'Irondad l'anno scorso.
Vada per Nizza, allora: la data è perfetta, e l'Ironman France è uno dei più
famosi al mondo.
Per la seconda volta, dimentico che l'inverno più cupo sta imperversando fuori
dalla finestra, e non ha intenzione di smettere presto... e infatti non tocco
la bici per almeno due mesi.
Con l'avvicinarsi della fatidica data, si
susseguono una serie di eventi: un nuovo lavoro, una nuova casa, una nuova auto
e... un matrimonio (si, con la caraibica Johanette di cui sopra!)
Tutte cose splendide, che però fanno passare la mia preparazione un attimino in
secondo piano...
...ed è questo che penso mentre abbasso lo
sguardo sui miei piedi nell'acqua, sul sassoso bagnasciuga di Nizza, compresso
dentro una muta, alle prime luci dell'alba.
Fantastica la vita... e speriamo che continui per il meglio anche oggi!
In realtà penso anche altre cose: che bello
essere qui con quasi tutta la mia famiglia, che figata di esperienza sto per
vivere, che ragazzo fortunato che sono in generale, e anche “ma perchè sti
ca**o di occhialini continuano ad allentarsi?”. Con orrore realizzo che la
vaselina con la quale mi sono ricoperto il collo per evitare atroci piaghe da
sfregamento è passata dalle dita all'elastico degli occhialini da nuoto,
sciogliendo i nodi che lo tenevano alla giusta tensione. Praticamente rischio
di perderli da un secondo all'altro, e fare di conseguenza quasi 4km di nuoto a
rana! Cerco febbrilmente di ripulire l'elastico mentre tutto intorno a me
inizia il countdown pre-partenza, e a pochi secondi dallo start faccio
un paio di nodi e prego per un miracolo.
Segue la “tonnara” tipica di un po' tutti i
triathlon in acque libere, solo che qui le botte da orbi proseguono per un paio
di km. Pugni, calci, manate che sembrano espressamente indirizzate a farti
saltare gli occhialini, o i denti, o tutt'e due. Ho esseri rivestiti di
neoprene che nuotano sotto di me, sopra di me, tutti che annaspano nel delirio
generale. Da provare almeno una volta nella vita, ma decido che mi piacciono
decisamente di più le partenze scaglionate per Age Group come a San
Juan.
Di quando in quando incrociamo un triathleta che nuota convinto nella direzione
opposta a tutti gli altri, per poi fermarsi di botto, guardarsi intorno e
lanciarsi furiosamente in una virata a 180 gradi. Praticamente un girone
dantesco liquido, forse per questo lo trovo troppo divertente.
Finalmente, esco barcollante dal Mar
Mediterraneo e salto in bici (beh no, in realtà prima mi tolgo la muta), e per
30 km è un sogno: sole, aria calda che mi asciuga, e soprattutto decine e
decine di sorpassi. La pacchia finisce con un “muro” di qualche centinaio di
metri, dove gli sprovveduti che non hanno scalato il rapporto devono mestamente
rassegnarsi a scendere dalla bici o... cadere fragorosamente, tra colorite
espressioni di disappunto. Interessante come molti abbiano optato per la
seconda possibilità!
Le salite e le discese si susseguono, e tutto va alla grande: continuo a
guadagnare posizioni anche sulla lunghissima pendenza che porta al punto più
alto del percorso, oltre i 1000 metri. Da qui inizia la discesa vera... e anche
i problemi. Mentre scendo alla velocità massima che posso concedermi senza
morire di paura, ovvero attorno ai 50 km/h, un concorrente mi sorpassa a
velocità che mi sembra doppia. Un bolide, una scheggia, un ciclista vero... che
però “piega” esageratamente in curva,
colpisce di striscio un muro e ovviamente cade mentre la sua bici, mulinando
vorticosamente, tocca la ruota posteriore della mia facendomi sbandare alla
grande e immaginare già quanti anni di riabilitazione mi sarebbero serviti per
tornare a camminare. Per fortuna, niente di tutt questo: ho ripreso il
controllo della bicicletta e ho azzardato uno sguardo indietro per vedere se lo
sventurato triathleta era ancora vivo (lo era eccome, e mi ha superato di nuovo
pochi secondi dopo col body sbrindellato... ma senza andare a sbattere
contro i muri, stavolta).
Cose che probabilmente succedono ad ogni gara,
ordinaria amministrazione di certo... ma per me era più che abbastanza: da quel
momento ho frenato incessantemente per 70 km, andavo più veloce in pianura che
in discesa (non scherzo).
Ormai mi superavano anche i bambini in triciclo e le nonne con la Graziella,
ma io sentivo solo le sirene delle ambulanze e l'andirivieni delgi elicotteri
di soccorso (e per un povero partecipante, non sono nemmeno bastati).
Mi ripetevo “Oh, qui si tratta di finire il
tuo primo Ironman, non di vincerlo. Quindi...frena!”.
Come se non bastasse, continuavo ad incrociare atleti con una gomma a terra,
incazzati neri (o in lacrime) e con la camera d'aria lì sull'asfalto, come un
serpente prostrato (come dice IronBrun).
In breve, di bicicletta ne avevo davvero abbastanza ed è con sommo piacere che
l'ho abbandonata al suo destino sulla rastrelliera, nell'interminabile Zona
Cambio.
Essendomi “riposato” per otto ore in bici, ho potuto iniziare la maratona
di gran carriera, correndo i primi 10 km a poco più di 4' al km. Ovviamente ho
pagato il conto nei successivi 30 km, trascinandomi sulla pur suggestiva Promenade
des Anglais e guardando con cupidigia i bracciali colorati indossati da chi
aveva fatto più giri di me. In realtà, dopo aver copiosamente vomitato verso il
32° km (ah, non è interessante?) , mi son detto che più correvo, prima finiva
quell'agonia; così ho aumentato il ritmo e ho concluso la maratona nel migliore
di modi, con agili falcate (quasi), dando il “cinque” a papà IronBrun che non
era poi tanto dietro di me, e correndo gli ultimi, gloriosi 300 metri tra due
ali di folla festante mano nella mano con Johanette, assaporando il suono di
quelle quattro dolci parole, così desiderate, così sognate, così conquistate:
“YOU ARE AN IRONMAN!!!”
E così anche questo punto della mia
wishlist è stato raggiunto. Nei giorni seguenti la gara, volevo vendere
bicicletta e muta al miglior offerente. Poi, pur restando dell'idea che il
triathlon è uno sport troppo dipendente dal mezzo tecnico, mi son ritrovato a
controllare la date di altre gare del circuito, ovviamente senza troppa
altimetria nella parte ciclistica... chissà.
Per ora, la mia attenzione è tutta su un'altra
highlight della mia lista, il leggendario UTMB.
E' arrivato il momento di raggranellare
punti-qualificazione!!! :)
Filippo Pagavino