venerdì 7 agosto 2015

Donatella Taghetti e Daniele Mazzola finisher all'IM Switzerland

Daniele Mazzola e Donatella Taghetti, portacolori del Tri Team Ticino,  hanno avuto di recente la grande soddisfazione di portare a termine l'IM Switzerland, entrando così a far parte del prestigioso elenco degli Ironman Finisher Ticino che attualmente conta 90 atleti. Un'esperienza per loro fantastica, come ben si evince dal racconto post-gara che con piacere riportiamo di seguito. 

 

FINISHER! Per Donatella e Daniele un'esperienza fantastica.

 

Ironman, la mia motivazione

Il raggiungimento di un obiettivo, in ogni cosa, per me, ha come molla iniziale: il racconto, la condivisione, i “mi piace” e, tra le altre cose, le esperienze degli altri. Un po’ come quando la nostra mamma ci raccontava le favole e noi sognavamo… e ci siamo immedesimati nei panni dei personaggi che più ci ispiravano. Prima la nostra mamma ed il nostro papà, poi il mondo.
Ad un certo punto, nel mio caso, è entrato un simbolo, semplice, meraviglioso: IM! La scala per raggiungere l’obiettivo è sempre stata solida. Mi sono concentrato sull’obiettivo. Tutto il resto mi è capitato per permettermi di arrivare lì!
Vorrei quindi dedicarmi al racconto di come si è svolta la competizione.

La gara: “Tutto è possibile!

3,9 km di nuoto: non avevo mai nuotato in una distanza così lunga. Mi tuffo, penso: “Vediamo di superare questa collina“; canticchio nuotando (a bocca chiusa!), guardo gli altri atleti: i loro occhialini, le cuffie, le loro bracciate, quelli che vogliono sorpassarmi e i piedi di quelli che mi stanno avanti.
Vedo le boe da raggiungere, e i miei pensieri spaziano, per distrarmi: “Sono passati credo 1000m. Lunedì al lavoro devo fare così o così…”; poi torno in me, in acqua, e resto concentrato sulle bracciate economiche: “respiro a tre o due? Le gambe? Bene, avanti così!
Uscita australiana (tra il primo e il secondo giro si esce dall’acqua e si corre per un breve tratto, prima di rituffarsi – ndr): che bello, non l’ho mai fatta! Esco tra due ali di folla che mi incita, che pelle d’oca e che brividi!
Mi rituffo e nuoto per l’ultimo giro, non so in quel momento quanti km manchino, l’adrenalina mi permette di nuotare e nuotare e nuotare. La crisi è arrivata dopo un’oretta, non ci faccio caso! Poi alzò lo sguardo e… toh, vedo l’uscita li davanti a me e le braccia di chi ti afferra per aiutarti a camminare sulla rampa! Guardo avanti!
Prima tappa finita: Okay! Dopo la prima transizione, ora è il momento del ciclismo: 180 km, non ho mai pedalato in una distanza così lunga!
Appena pronto, afferro la bici e, come un cavaliere, ci salgo sopra al volo, incastro le scarpe, avvio il cardiofrequenzimetro e pedalo, posizione da triatleta, obiettivo iniziale tecnico: la massima frequenza cardiaca non deve superare i 130 bpm per iniziare… Dopo 30 km non ho ancora superato i 120 bpm, vedo che la mia velocità e comunque buona. Sono felicissimo!
Ma ad un certo momento mi accorgo che ho perso il chip! Penso: “niente chip, niente tempo!“. Mi crolla il mondo addosso. E ora che faccio? Mi ritiro? Mi viene da piangere… anzi piango!
Poi reagisco, penso: “Non fare il pirla! Continua, cerca un commissario e gli spieghi. Che cosa vuoi che sia un chip?“. Detto fatto: mi fermo in una time zone, e spiego nel mio italidescoglese: non capiscono, mi guardano, si guardano, poi mostro la caviglia e dico: “Chip? Wek!
 

La salita della Heart Break Hill

 
Mi rispondono, e capisco quello che vogliono: fino alla T2 mi dovrò fermare a firmare un foglio che confermi il mio passaggio; questo ad ogni time zone e ad ogni penalty box. Le ho contate: 8 fermi per firme al giro, 2-3 minuti per fermo!
Arriva la Heart Break Hill: è la salita di circa 1 km con una pendenza del 13%, che si svolge tra due ali di folla impazzita: tifo, musica a volume fortissimo, striscioni, scritte per terra, persone che urlano, canne d’acqua per bagnarti, un papà con suo figlio, addirittura, sul percorso aveva un innaffiatoio che riempiva ogni volta e te lo versava addosso: quando sono passato io era vuoto, si sono anche scusati! Bande musicali sul percorso, con villaggi in festa! Adrenalina a mille, emozioni, pelle d’oca, che bello!
La fatica non si sente ancora. Il secondo giro e più faticoso: lo gestisco con più oculatezza, tanto devo firmare! Guardo avanti! Tappa finita. Ora la seconda transizione. Infine la frazione di corsa: 42.5km, non ho mai corso in una distanza così lunga!
Sono pronto a partire: arrivo in area transizione, mi cambio, mi fermo e aspetto che mi consegnino il chip: che sollievo! Altre lacrime, ora sono più sicuro. È paradossale che un chip grande come una moneta possa influenzarmi così tanto.
Ho le ali ai piedi, ma devo stare calmo e gestire questa corsa km per km. L’obiettivo è di mantenere la frequenza cardiaca a 130 npm, e correre con un passo di 6 min/km. Per i primi 22 km c’è la faccio!
Ma di un certo punto… crisi: mi viene fame! Già non ho pranzato e le sei barrette e due michette probabilmente non sono state sufficienti. Rallento, ad ogni rifornimento ogni 2,5 km bevo tanto, sali a acqua, e mangio un po’, anche perché il mio stomaco ora è pigro.
Quattro giri di 10 km l’uno, tra due ali di folla: amici che tifano anche per me, le figlie che tifano per me e colleghi atleti che corrono, chi più veloce, chi più lento, alcuni camminano o si sdraiano a riposare per poi ripartire!
Passo per tre volte di fianco al traguardo, più o meno ogni ora… Ecco una motivazione!
Poi, al secondo giro, incrocio Donatella: mi fermo ad aspettarla per correre insieme, ma lei ha un altro passo io, in quel momento ho poche energie, mi manca un giro e mezzo e corro a 6’30”-7′ / km. Ci salutiamo calorosamente e lei va, la osservo e cerco di mantenere un po’ il suo passo.
mazzola-im-zurich-01
Daniele Mazzola al traguardo del Ironman Switzerland 2015
Arriva il momento dell’ultimo braccialetto, quello che i commissari di gara ti danno ad ogni giro, con colori diversi.
Okay è fatta: mancano solo 8 km, aumento un po’ il ritmo. Poi eccolo, il corridoio: illuminato, lungo duecento metri. La gente che urla, tifa, c’è anche una tribuna gremita e le cheerleader, che danzano ai tuoi lati. Lo speaker legge il tuo nome sul pettorale e dice:
Daniele, you are an Ironman!
Altre lacrime, che gli occhiali fortunatamente celano. Mi stendo a terra! Vedo il cielo e ringrazio tutti! Guardo avanti!
 
– Daniele Mazzola




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“Anything is possible”

Chi ha utilizzato questa espressione sapeva molto bene che chiunque abbracciasse questo pensiero avrebbe raggiunto il suo obiettivo!
Le paure ci sono sempre state sin dal principio del “viaggio” Ironman, ma tenute sempre lì a fianco a dirti dove era giusto lavorare, scovare, aggiustare e migliorare.
Finalmente arriva il giorno della verità: “sarò o non sarò stata sufficientemente accorta a viaggiare con le mie paure senza farmi sopraffare?“. Lo sapremo presto: oramai ho la cuffia in testa, gli occhialini e sono pronta. Il fato mi ha messo subito dinanzi alla mia paura, la più grande: nuotare nel lago senza muta. Acqua oltre 25°C, muta vietata per regolamento. “Non pensiamoci più – mi dico – lo so che sarà dura, ma io uscirò dall’acqua viva e completando la distanza dei 3.800 km richiesti“.
Esco dall’acqua tremando, ho le mani paralizzate e la gamba sinistra insensibile: non riesco nemmeno a correre, talmente ho freddo! Giuro che mangerò talmente tanto da mettere su grasso: mi serve, almeno per fare certe cose!
Il coach e’ con me, in zona cambio mi dice “Stai ferma!“, come se facessi apposta a tremare! Non riesco nemmeno a infilare i guanti. Sapevo che in quel momento l’importante era scaldarmi: guanti , maglia a manica lunga , asciugamano avvolta all’addome, cappellino sotto il casco, e zainetto porta-bevanda da due litri. Almeno, se ci sarà vento come a Pescara (Ironman 70.3 – ndr) farà da contrappeso!
Parto, e impiego 27 km prima di tornare a sentire la gamba sinistra e le mani. Ora inizio ad avere quasi caldo: sarà poi normale, visto che ci sono quasi 30 gradi di temperatura dell’aria!
Inizio pure a realizzare l’impresa: io ho nuotato 3.800 metri a nuoto nel lago, senza muta, con l’acqua a 25 gradi e in mezzo ad altre 2.000 persone: non ci credo ancora! E invece sì, l’ho fatto. “Dio che emozione!“, mi scendono le lacrime per la gioia, era lo scoglio più grande da affrontare, la mia paura più profonda.
Pedalo e sorrido, sorrido e pedalo. Do il cinque a tutti i bambini che incrocio sul percorso, e penso che sono fortunati ad avere genitori che li coinvolgono in questo mondo genuino e fatto di valori veri. Sorrido a tutti come se fossi una star, e tutti mi incitano che se fossi davvero una star!
Intanto i primi professionisti iniziano a sorpassarmi: “Sono degli alieni!“, penso.
Il percorso è impegnativo, con salite inaspettate e caldo: “Accidenti se fa caldo!“. Mi vengono in mente le parole del coach: “Idratarsi e mangiare, mangiare e idratarsi“. Ma io pedalo e sorrido, sorrido e pedalo!
Verso il km 165 una moto mi scorta ancora in mezzo alla folla, per 5 km circa: mi sento nuovamente una star, e sogno la finish line, sapendo che una volta scesa dalla bici volerò col sorriso verso quel corridoio tanto bramato!
Anche la bici e’ fatta: alla salita “spacca cuore“, la famosa Heart Break Hill, non c’è più nessuno, ma non mi scoraggio: mica si può essere star per sempre!
Finalmente scendo dalla bici, e l’allenatore fresco fresco mi dice “Su su, forza, veloce, veloce!“. “One moment, coach! – penso – Ho poi fatto 180 km in bici , otto ore seduta in sella con 35 gradi!”. Io ho fatto 180 km in bici?!“. C’è ancora una vocina dentro di me che non vuole credere a quello che sto facendo. “Non starò mica sognando?“.
Intanto mi sono cambiata per correre la mia maratona. Sono scesa dalla bici con le gambe leggermente imballate, ma mi rendo subito conto che otto mesi di preparazione sono serviti.
 
Passaggio al primo km in 6 minuti: perfetto! Corro e sorrido, sorrido e corro! Sorrido a tutti, e mi godo letteralmente ogni centimetro di questa maratona fatta di volti di ogni età, ogni razza, ogni classe sociale. È un arcobaleno di umanità a portarmi avanti, spinta da incitamenti e supporto!
E finalmente lo incontro: lui, l’unico che aspettavo di rincontrare prima o poi, Daniele. Finalmente! Ora posso tranquillamente correre verso la finish line sapendo che anche in questo lungo viaggio siamo insieme, ancora più forti, più consapevoli e arricchiti da un esperienza che nella vita vale la pena fare.
Il corridoio della finish line e’ troppo bello: corro più lenta per godermi questo momento.
Guardo in cielo, guardo avanti e, con la forza che mi rimane, ringrazio me stessa per averci creduto, creduto fino in fondo!

– Donatella Taghetti
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