mercoledì 30 luglio 2014

Fausto Mauri racconta la sua esperienza all'Ironman di Zurigo

Fausto Mauri proviene dal nuoto. Negli anni ‘90 è stato un nuotatore di alto livello, recordman svizzero nei 1500 s.l. nuotati per la prima volta sotto i 16 minuti, selezionato nel team della nazionale, con la quale ha difeso i colori rossocrociati ai Mondiali di Göteborg nel 1997 sulle distanze degli 800 e dei 1.500 metri. Oggi è allenatore dell’A-Club Swimming Team di Savosa e nello scorso weekend ha esordito con successo nell’Ironman di Zurigo (3,8 km di nuoto, 180 in bici e 42 di corsa). Reduce da questa nuova avventura, lo abbiamo intervistato per cercare di capire i motivi che spingono un ex atleta di spessore come lui, ma anche una persona normalissima, a lanciarsi in questa disciplina.
FINISHER Fausto Mauri ha portato a termine con successo il
suo primo Ironman.
Fausto, perché proprio il triathlon?
«Mi sono avvicinato a questo sport grazie a Nicolas Beyeler – campione europeo di mezzo Ironman nella sua categoria e 71. negli ultimi Ironman World Championship alle Hawaii – che è un mio caro amico. Mentre allenavo i ragazzi in piscina, vedevo Nicolas che, con costanza, passione e umiltà, veniva ogni giorno a nuotare. Così ho deciso di provare a capire meglio cosa fosse il triathlon. E per farlo, come ex atleta, il modo migliore era sperimentarlo di persona. Sono salito in sella, ho preso le scarpe per correre e poi sono andato a Zurigo».

Durante la gara hai provato le stesse sensazioni di quando nuotavi o ne hai sperimentate di nuove?
«Ho sperimentato emozioni forti in tutte le frazioni. Entrare in acqua era un’emozione già conosciuta, ma in bici è stata una situazione completamente nuova per me. Fare attività fisica ininterrottamente per cinque ore è uno sforzo sconosciuto a un nuotatore. Non essendo isolati nell’acqua, si ha una percezione totale e completa della fatica e della realtà che ti circonda. Sono stimolati anche quei sensi, come la vista e l’udito, che in acqua sono poco usati. Mi ha sorpreso vedere lungo il percorso tanta gente che incitava e anche delle bande che suonavano. Successivamente, la corsa è stata una lezione di vita. Per 20 km sono andato bene, poi è sopraggiunta la stanchezza. Per due ore ho fatto uno sforzo più mentale che fisico, poi culminato con l’arrivo».
Qual è stata la tua preparazione in vista dell’Ironman?
« Mi sono affidato ai consigli di Nicolas. La preparazione, per ragioni di tempo e dei numerosi impegni, è stata un po’ frammentaria. In acqua non è stato difficile ritrovare la forma. La fase in bici è stata più difficile da perfezionare. Non bastano una o due ore per allenarsi, come nel nuoto. Avere il tempo di pedalare per quattro o cinque ore consecutive non è così evidente. La corsa invece l’ho trovata simile al nuoto, soprattutto come modalità e durata di allenamento».
Ora punterai ai campionati del mondo alle Hawaii?
«Per il momento no – sorride –. Per accedere serve una qualificazione e un piazzamento. L’ho fatto più che altro come sfida con me stesso e come crescita personale. L’ho sperimentato per capire quanto bello e completo fosse questo sport da abbinare anche con la preparazione di nuoto».
Lo proporrai ai tuoi atleti?

«Sì, è già da un anno che insieme a Nicolas stiamo svolgendo questa attività come preparazione prestagionale. Non tutti rispondono positivamente. La disciplina richiede una certa maturità, ma ritengo che sia perfetta per sperimentare nuove meccaniche di movimento».
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