giovedì 26 dicembre 2013

Libro A-Z fitness (Fontana Edizioni): Nicola Pfund racconta la genesi di questa piccola enciclopedia dello sport

Ho sempre amato lo sport. Già da piccolo ero molto vivace, non riuscivo a stare fermo un attimo. Ricordo che il momento più bello della giornata, quello più atteso, era quando rientrati da scuola la sera ci si cambiava e si usciva a giocare in giardino, che per noi era una piccola palestra all’aria aperta: costruivamo capanne, salivamo sugli alberi, improvvisavamo partitelle di calcio… un tempo era facile mettere insieme due squadre, la televisione la si guardava poco e i bambini erano dappertutto e sempre disponibili quando c’era da giocare.
Si andava anche in bicicletta, diverse strade erano ancora in terra battuta, il traffico sicuramente scarso e quindi poco pericoloso. Per “scaricarci” un po’ mia madre un giorno ci iscrisse, me e mio fratello, a un corso di judo, corso che ho poi seguito fino alla cintura blu. È stato l’inizio della mia attività sportiva, se così si può dire, ed ero solo alle elementari. Poi è arrivata la ginnastica, il nuoto e infine la pallacanestro nella grande stagione del basket che a metà degli anni settanta ha contagiato un po’ tutti in questo triangolo di terra a sud della Svizzera. Lo sport, a quell’epoca, era certo vissuto nell’ottica della competizione, e quindi della partita e del risultato, anche se non in modo esasperato, perché prevaleva il divertimento. In questo senso l’idea di fare fitness o uno sport come il jogging per il solo benessere, idea che proprio in quegli anni era nata in America su impulso di James F. Fixx e si stava diffondendo a macchia d’olio un po’ ovunque, da noi era ancora lontana. Addirittura, forse, non aveva senso: probabile retaggio di una civiltà contadina neppure troppo lontana dove lavoro e sudore dovevano produrre risultati tangibili. Altrimenti erano semplicemente inutili.
Così, quando anch’io ho iniziato a correre – ero già oltre i venticinque e giocavo ancora a basket nelle leghe inferiori – e nello stesso tempo a rimanere affascinato da uno sport nuovissimo che si chiamava triathlon, il primo approccio fu quello della ricerca del risultato. Meglio: del limite. Sarei riuscito a completare una maratona o un triathlon, e se sì quanto ci avrei impiegato? Così fu all’inizio, e in effetti ho avuto modo di mettermi alla prova gareggiando, spesso e anche con discreto successo. Direi che è una tappa anche questa, per molta gente come noi che pratica sport, ma poi c’è sempre una spinta interna che ci fa evolvere. E allora con il tempo, la corsa è stata per me una cosa diversa, la possibilità di entrare in quel silenzio in cui ascolti e assecondi il ritmo del tuo cuore e dei pensieri, la fatica che ti sorprende improvvisa e ti si fa compagna a ricordarti chi sei e i tuoi limiti, a ripeterti che l’importante non è ribellarsi, ma imparare. E ricominciare. Sfida, crisi, sconfitta, ma comunque sempre vittoria per una gara con se stessi giocata con lealtà.

Lo sport mi ha dato tanto. Soddisfazioni vere, sincere. Essenzialità di vita. Soprattutto salute e benessere. Ma anche un senso grande e profondo di libertà. Quasi inspiegabile. Allo sport – triathlon, bici e podismo – devo molto in termini di qualità di vita, forse mi ha salvato in alcune situazioni un po’ complicate aiutandomi a ritrovare la giusta misura delle cose, di certo mi ha dato ispirazione per scrivere i miei libri, alcuni dedicati proprio allo sport. Ricordo che una signora, dopo aver letto La filosofia del Jogger, mi ha scritto facendomi questo complimento: “Lei possiede il dono di una prosa chiara e accattivante, per il bello ed in generale la vita. Che bei frutti da anni di tenace ma gioioso allenamento!”. Sì, lo sport come l’ho vissuto e lo vivo tutt’oggi non ha molto da spartire con quello che ci viene proposto in televisione o sui giornali. Dove prevale un agonismo esasperato sullo sfondo di un business eccessivo con tutte le deformazioni e le storture che ne conseguono. Peccato perché lo sport nella sua dimensione sana è portatore di grandi insegnamenti, desiderio di essere e volontà di esistere che riempiono di significato la vita di chiunque ne rimanga contagiato.

Ora, se c’è una cosa che devo ammettere e che è importante qui ricordare, perché è lo scopo fondamentale che mi ha spinto a raccogliere le voci di questa piccola enciclopedia sul fitness, è che soprattutto all’inizio della pratica degli sport di resistenza, e in particolare nella corsa a piedi, ho commesso indubbiamente parecchi errori. Inconsapevolmente, perché nel campo ad esempio della corsa a piedi ancora una ventina d’anni fa ci si muoveva piuttosto d’istinto, mancando di riferimenti precisi, di conoscenze puntuali. Allora si pensava che bastasse un po’ di volontà per iniziare a correre, un paio di scarpette, i calzoncini e via. Non si sapeva nulla o quasi sui principi dell’allenamento, sulle risposte del fisico alle sollecitazioni, sui materiali e sulla giusta alimentazione. Ricordo che ancora negli anni ottanta c’erano dei partecipanti alla celebre Morat-Fribourg che la sera prima della gara cenavano a base di raclette e vin blanc in uno dei tanti e tipici ristoranti friburghesi, lamentandosi poi il giorno dopo di sentirsi un po’ appesantiti sulla salita della Sonnaz… La Morat l’ho fatta anch’io una decina di volte, non sono mai incorso in questi errori pacchiani… però ne ho fatti di altri. Errori che mi hanno procurato dei dolori, fastidi muscolari e ai tendini e che mi avrebbero potuto far desistere se la passione, e forse un po’ di fortuna, non mi avessero sorretto. Il punto è questo: se si vuole iniziare un’attività fisica nell’ottica del benessere, per perdere peso, ma a anche a fini competitivi, occorre avere bene in chiaro alcuni principi sul funzionamento del nostro corpo, su ciò che è bene o meno mangiare, sui materiali che si adoperano o l’esatto utilizzo delle varie macchine di un centro fitness, se è questo che si vuole frequentare. Il concetto stesso di fitness, che letteralmente significa “stato di forma fisica” e si realizza attraverso uno stile di vita sano e un’attività fisica moderata soprattutto di carattere aerobico, lo richiede. In questi anni le conoscenze sono aumentate e di parecchio e molte persone, come nel mio caso, hanno potuto accumulare una notevole esperienza che ora può essere messa a disposizione di altri.
Per parte mia - e con questo vado a concludere - con lo sport mi piacerebbe stringere un patto. Quello di frequentarci il più a lungo possibile. È la mia speranza e nello stesso tempo la mia sfida per il futuro, tanto più importante visto che ho ormai superato, e da un po’, la cinquantina. Dicendo questo non è che mi considero già out: grazie alla costanza e a un po’ di fortuna riesco ancora a ritagliarmi i miei momenti di sport quotidiani, anche solo una mezz’oretta a corsa o un chilometro a nuoto; ma anche sforzi più impegnativi, d’estate riesco ad esempio ancora a salire in bicicletta, e con una certa disinvoltura, sui nostri bellissimi passi alpini, nei prossimi anni non escludo di cimentarmi ancora in qualche triathlon su lunga distanza, sarebbe una bella “messa in gioco”. E se lo farò, non sarà certo per fini competitivi, che fanno ormai parte del mio passato; e poi l’eccessivo agonismo, l’ho già detto in precedenza, sovente avvelena lo sport, alla fine non ti permette di apprezzare il momento, sempre alla ricerca di un tempo, in fondo di qualcosa fuori e lontano da te. È importante apprezzare il qui e ora. Il tuo sforzo vitale nella natura. I tuoi pensieri che emergono e si rincorrono nella mente. Soprattutto quello stato di benessere che provi alla fine, dopo aver fatto una bella doccia, e che ti fa apprezzare più intensamente la vita. Ecco se c’è una cosa che ho imparato scrivendo questo libro, e che vorrei ora condividere con tutti i lettori, è proprio questa: che la salute, il sentirsi bene e in forma quindi Fit è la cosa più bella e forse preziosa. In fondo non ci vuole molto per raggiungerla: bastano un po’ di volontà e un pizzico di buon senso.
Buon fitness a tutti!

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