Ho sempre amato lo sport. Già da piccolo ero molto vivace, non riuscivo
a stare fermo un attimo. Ricordo che il momento più bello della giornata,
quello più atteso, era quando rientrati da scuola la sera ci si cambiava e si usciva
a giocare in giardino, che per noi era una piccola palestra all’aria aperta:
costruivamo capanne, salivamo sugli alberi, improvvisavamo partitelle di
calcio… un tempo era facile mettere insieme due squadre, la televisione la si
guardava poco e i bambini erano dappertutto e sempre disponibili quando c’era
da giocare.
Si andava anche in bicicletta, diverse strade erano ancora in terra
battuta, il traffico sicuramente scarso e quindi poco pericoloso. Per “scaricarci”
un po’ mia madre un giorno ci iscrisse, me e mio fratello, a un corso di judo,
corso che ho poi seguito fino alla cintura blu. È stato l’inizio della mia
attività sportiva, se così si può dire, ed ero solo alle elementari. Poi è
arrivata la ginnastica, il nuoto e infine la pallacanestro nella grande
stagione del basket che a metà degli anni settanta ha contagiato un po’ tutti
in questo triangolo di terra a sud della Svizzera. Lo sport, a quell’epoca, era
certo vissuto nell’ottica della competizione, e quindi della partita e del
risultato, anche se non in modo esasperato, perché prevaleva il divertimento.
In questo senso l’idea di fare fitness o uno sport come il jogging per il solo
benessere, idea che proprio in quegli anni era nata in America su impulso di
James F. Fixx e si stava diffondendo a macchia d’olio un po’ ovunque, da noi
era ancora lontana. Addirittura, forse, non aveva senso: probabile retaggio di
una civiltà contadina neppure troppo lontana dove lavoro e sudore dovevano
produrre risultati tangibili. Altrimenti erano semplicemente inutili.
Così,
quando anch’io ho iniziato a correre – ero già oltre i venticinque e giocavo
ancora a basket nelle leghe inferiori – e nello stesso tempo a rimanere
affascinato da uno sport nuovissimo che si chiamava triathlon, il primo
approccio fu quello della ricerca del risultato. Meglio: del limite. Sarei
riuscito a completare una maratona o un triathlon, e se sì quanto ci avrei
impiegato? Così fu all’inizio, e in effetti ho avuto modo di mettermi alla
prova gareggiando, spesso e anche con discreto successo. Direi che è una tappa
anche questa, per molta gente come noi che pratica sport, ma poi c’è sempre una
spinta interna che ci fa evolvere. E allora con il tempo, la corsa è stata per
me una cosa diversa, la possibilità di entrare in quel silenzio in cui ascolti
e assecondi il ritmo del tuo cuore e dei pensieri, la fatica che ti sorprende
improvvisa e ti si fa compagna a ricordarti chi sei e i tuoi limiti, a
ripeterti che l’importante non è ribellarsi, ma imparare. E ricominciare.
Sfida, crisi, sconfitta, ma comunque sempre vittoria per una gara con se stessi
giocata con lealtà.
Lo sport mi ha dato tanto. Soddisfazioni vere, sincere. Essenzialità di
vita. Soprattutto salute e benessere. Ma anche un senso grande e profondo di
libertà. Quasi inspiegabile. Allo sport – triathlon, bici e podismo – devo
molto in termini di qualità di vita, forse mi ha salvato in alcune situazioni
un po’ complicate aiutandomi a ritrovare la giusta misura delle cose, di certo mi
ha dato ispirazione per scrivere i miei libri, alcuni dedicati proprio allo
sport. Ricordo che una signora, dopo aver letto La filosofia del Jogger, mi ha scritto facendomi questo complimento:
“Lei possiede il dono di una prosa chiara e accattivante, per il bello ed in generale
la vita. Che bei frutti da anni di tenace ma gioioso allenamento!”. Sì, lo
sport come l’ho vissuto e lo vivo tutt’oggi non ha molto da spartire con quello
che ci viene proposto in televisione o sui giornali. Dove prevale un agonismo
esasperato sullo sfondo di un business eccessivo con tutte le deformazioni e le
storture che ne conseguono. Peccato perché lo sport nella sua dimensione sana è
portatore di grandi insegnamenti, desiderio di essere e volontà di esistere che
riempiono di significato la vita di chiunque ne rimanga contagiato.
Ora, se c’è una cosa che devo ammettere e che è importante qui
ricordare, perché è lo scopo fondamentale che mi ha spinto a raccogliere le
voci di questa piccola enciclopedia sul fitness, è che soprattutto all’inizio
della pratica degli sport di resistenza, e in particolare nella corsa a piedi,
ho commesso indubbiamente parecchi errori. Inconsapevolmente, perché nel campo
ad esempio della corsa a piedi ancora una ventina d’anni fa ci si muoveva
piuttosto d’istinto, mancando di riferimenti precisi, di conoscenze puntuali.
Allora si pensava che bastasse un po’ di volontà per iniziare a correre, un
paio di scarpette, i calzoncini e via. Non si sapeva nulla o quasi sui principi
dell’allenamento, sulle risposte del fisico alle sollecitazioni, sui materiali
e sulla giusta alimentazione. Ricordo che ancora negli anni ottanta c’erano dei
partecipanti alla celebre Morat-Fribourg che la sera prima della gara cenavano a
base di raclette e vin blanc in uno dei tanti e tipici
ristoranti friburghesi, lamentandosi poi il giorno dopo di sentirsi un po’ appesantiti
sulla salita della Sonnaz… La Morat
l’ho fatta anch’io una decina di volte, non sono mai incorso in questi errori
pacchiani… però ne ho fatti di altri. Errori che mi hanno procurato dei dolori,
fastidi muscolari e ai tendini e che mi avrebbero potuto far desistere se la
passione, e forse un po’ di fortuna, non mi avessero sorretto. Il punto è
questo: se si vuole iniziare un’attività fisica nell’ottica del benessere, per
perdere peso, ma a anche a fini competitivi, occorre avere bene in chiaro
alcuni principi sul funzionamento del nostro corpo, su ciò che è bene o meno
mangiare, sui materiali che si adoperano o l’esatto utilizzo delle varie
macchine di un centro fitness, se è questo che si vuole frequentare. Il
concetto stesso di fitness, che
letteralmente significa “stato di forma fisica” e si realizza attraverso uno
stile di vita sano e un’attività fisica moderata soprattutto di carattere
aerobico, lo richiede. In questi anni le conoscenze sono aumentate e di
parecchio e molte persone, come nel mio caso, hanno potuto accumulare una
notevole esperienza che ora può essere messa a disposizione di altri.
Per parte mia - e con questo vado a concludere - con lo sport mi
piacerebbe stringere un patto. Quello di frequentarci il più a lungo possibile.
È la mia speranza e nello stesso tempo la mia sfida per il futuro, tanto più
importante visto che ho ormai superato, e da un po’, la cinquantina. Dicendo
questo non è che mi considero già out:
grazie alla costanza e a un po’ di fortuna riesco ancora a ritagliarmi i miei
momenti di sport quotidiani, anche solo una mezz’oretta a corsa o un chilometro
a nuoto; ma anche sforzi più impegnativi, d’estate riesco ad esempio ancora a
salire in bicicletta, e con una certa disinvoltura, sui nostri bellissimi passi
alpini, nei prossimi anni non escludo di cimentarmi ancora in qualche triathlon
su lunga distanza, sarebbe una bella “messa in gioco”. E se lo farò, non sarà certo
per fini competitivi, che fanno ormai parte del mio passato; e poi l’eccessivo
agonismo, l’ho già detto in precedenza, sovente avvelena lo sport, alla fine non
ti permette di apprezzare il momento, sempre alla ricerca di un tempo, in fondo
di qualcosa fuori e lontano da te. È importante apprezzare il qui e ora. Il tuo
sforzo vitale nella natura. I tuoi pensieri che emergono e si rincorrono nella
mente. Soprattutto quello stato di benessere che provi alla fine, dopo aver
fatto una bella doccia, e che ti fa apprezzare più intensamente la vita. Ecco se
c’è una cosa che ho imparato scrivendo questo libro, e che vorrei ora
condividere con tutti i lettori, è proprio questa: che la salute, il sentirsi
bene e in forma quindi Fit è la cosa
più bella e forse preziosa. In fondo non ci vuole molto per raggiungerla:
bastano un po’ di volontà e un pizzico di buon senso.
Buon fitness a tutti!
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